17 aprile-30 giugno 2024
Museo di Palazzo Grimani, Ala Tribuna
Castello, Rugagiuffa 4858, Venezia
Contestualmente, il Museo di Palazzo Grimani (al secondo piano) ospiterà l’inaugurazione della mostra Rick Lowe.The Arch within the Arc.
Apre al pubblico mercoledì 17 aprile 2024, nella sede del Museo di Palazzo Grimani (“Ala Tribuna”) a Venezia, la mostra personale (anteprima museale internazionale) dell’artista egiziano Wael Shawky (Alessandria d’Egitto, 1971) intitolata I Am Hymns of the New Temples- أنا تراتیل المعابد الجدیدة.
A cura di Massimo Osanna (Direttore Generale Musei del Ministero della Cultura), Andrea Viliani (Co-curatore del programma Pompeii Commitment. Materie archeologiche) e Gabriel Zuchtriegel (Direttore del Parco Archeologico di Pompei), la mostra è organizzata in collaborazione fra il Museo di Palazzo Grimani e il Parco Archeologico di Pompei.
La mostra riunisce l’opera filmica I Am Hymns of the New Temples – أنا تراتیل المعابد الجدیدة – realizzata dall’artista nel 2023 e che, dopo la sua anteprima al Parco Archeologico di Pompei, viene presentata a Venezia in anteprima museale internazionale – e una selezione di opere scultoree multi-materiche e disegni realizzati dall’artista fra il 2022 e il 2024. Il progetto espositivo è concepito come un dialogo ideale fra spazi e tempi differenti, in cui le opere contemporanee coesistono con le opere archeologiche e i saloni storici di Palazzo Grimani, delineando un percorso che dal Camaron d’Oro conduce prospetticamente alla cosiddetta Tribuna, nota anche come Antiquarium o Camerino delle Antichità, vero e proprio fulcro del palazzo e delle sue narrazioni.
Le quattro sale dell’ala Tribuna del Museo di Palazzo Grimani sono riconfigurate dall’artista Wael Shawky (Alessandria d’Egitto, 1971) come un racconto in cui evocare la coesistenza di una molteplicità di spazi e tempi differenti, di fatti storici e narrazioni mitiche, di creature che sono insieme animali, minerali e vegetali, reali e fittizie. Come all’epoca di Giovanni Grimani, patriarca d’Aquileia – che, prendendo a suo modello lo zio cardinale Domenico Grimani, fece della loro dimora patrizia il palcoscenico in cui l’antichità greca e romana si incontrava con le istanze del rinascimento – Shawky predispone queste sale a divenire una macchina del tempo e le connette fra loro per coinvolgerci in un viaggio nella memoria e nella fantasia.
Costituita lungo il corso del XVI secolo, la collezione di sculture, rilievi in marmo, vasi, bronzetti e gemme riunita dal Patriarca Giovanni Grimani rese il palazzo, e in particolare la Tribuna, una delle più straordinarie testimonianze del rapporto fra l’antichità classica e la cultura rinascimentale e umanistica, celebre in tutta Europa e già allora oggetto di visita di eruditi, principi e alti prelati. Dopo la donazione del Patriarca alla Serenissima Repubblica e il trasferimento in area marciana della raccolta nel 1594, tra il 2019 e il 2021 questa è tornata a riunirsi con le sale del Palazzo.
Il progetto espositivo – in cui sono riunite l’opera filmica I Am Hymns of the New Temples – e una selezione di disegni e opere multi-materiche in bronzo, ceramica e vetro – è concepito come un dialogo con gli affreschi e le decorazioni del Palazzo, in cui le opere contemporanee si confrontano con le opere archeologiche per delineare un percorso che dal Camaron d’Oro conduce alla cosiddetta Tribuna, nota in passato come Antiquarium o Camerino delle Antichità. Vero e proprio fulcro del Palazzo e delle sue narrazioni storiche e simboliche, essa è posta prospetticamente in asse con l’opera filmica di Shawky: come se la Tribuna Grimani e I Am Hymns of the New Temples potessero essere la mimesi l’una dell’altra due versioni della stessa storia. Se la narrazione a Palazzo Grimani articola infatti il tema della giustizia divina e dell’ascesa dell’anima verso il Dio cristiano, in quella di Shawky la giustizia si afferma nell’avvicendarsi di distruzioni e ricreazioni, fra il volere delle divinità e le reazioni degli esseri umani delle antiche leggende mediterranee da cui ha avuto origine la moderna civiltà europea.
Narratore di processi conoscitivi ed espressivi sospesi fra il documentabile e l’immaginabile, Shawky evoca una dimensione al contempo fattuale e immaginifica della cultura e della natura, come se esse non fossero mai definibili una volta e per sempre o da un solo punto di vista, e ci predispone a una posizione di consapevolezza e, insieme, di meraviglia nei confronti dei meccanismi, antichi e contemporanei, con cui i fatti storici, sociali e culturali sono stati interpretati e si sono trasmessi fino noi.
I Am Hymns of the New Temples – girata fra le rovine di un’antica città apparentemente distrutta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, divenuta un sito leggendario ma poi riemersa dalle sue stesse rovine nel 1748 – ci racconta ciò che rende Pompei un vero e proprio multiverso in cui realtà e immaginazione non sono più distinguibili, un ecosistema multispecie, un magnificente teatro in cui tutte le culture mediterranee si sono inevitabilmente connesse. L’opera diviene così il racconto epico – incarnato nell’insieme poroso di templi, sculture, affreschi, mosaici ma anche nei fertili e fluidi paesaggi naturali vulcanici che li circondano – del bisogno di inventare, raccontare e tramandare sempre nuove storie, attraverso cui gli esseri umani hanno dato e continuano a dare un senso a ciò che desiderano, temono, ignorano, e alla loro pulsione di rapportare fra loro materiale e spirituale, giustizia e ingiustizia, fine e inizio. Un bisogno che proprio la dimensione del mito riesce a restituirci, ancor più di qualunque cronaca storica, nella sua contraddittoria e irredimibile umanità. Nel flusso delle tante lingue e versioni con cui gli antichi miti sono stati scritti o raffigurati a Pompei, nelle peripezie delle loro divinità, personaggi, rituali e simulacri, Shawky comprende che queste storie millenarie sono quindi nuovi inni (componimenti, canti, fabulae… storie) perché siamo tornati appunto a raccontarli di nuovo, radicandovi le nostre sempre nuove, possibili, molteplici interpretazioni.
In questa sua storia pompeiana – che l’artista racconta sulla scorta di storie precedenti di altri autori – non solo torniamo a ricordarci di esserci già estinti e di essere già rinati – dopo le inondazioni dei diluvi primordiali, come dopo l’eruzione del Vesuvio – ma scopriamo anche che colei che, in questa storia, i greci chiamavano Io, divenne in Egitto Iside, come il figlio-compagno Epafo divenne Osiride: le storie infatti si richiamano l’un l’altra e si sovrascrivono fra loro, sono come dei nuovi templi in cui continuare a raccontare le nostre storie.
La mostra è organizzata in collaborazione fra la Direzione regionale Musei Veneto – Museo di Palazzo Grimani e il Parco Archeologico di Pompei, e accompagna la partecipazione dell’artista alla 60. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, in cui Shawky rappresentare la Repubblica Araba d’Egitto al Padiglione Egitto. Il progetto dell’opera I Am Hymns of the New Temples è vincitore dell’avviso pubblico PAC2020-Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, e costituisce la prima opera prodotta, nel 2023, nel contesto del programma Pompeii Commitment. Materie archeologiche promosso dal Parco Archeologico di Pompei, il primo sito archeologico al mondo a dotarsi di un programma di lungo termine e di una collezione permanente dedicati alle arti contemporanee, con l’obiettivo di ricercare e valorizzare la contemporaneità dei temi e dei valori espressi dal patrimonio archeologico italiano e internazionale. Istituzione partner per la valorizzazione internazionale dell’opera filmica è il LaM-Lille Métropole Musée d’art moderne, d’art contemporain, d’art brut. Hanno inoltre collaborato alla realizzazione dell’opera anche Fondazione Teatro di San Carlo e Accademia di Belle Arti di Napoli, con il supporto di Galleria Lia Rumma, Milano-Napoli. QUOTE DEI CURATORI Gabriel Zuchtriegel: “L’opera di Shawky, straordinaria e ispirata a Pompei, oggi presentata nell’ambito di una prestigiosa rassegna d’arte e frutto di una collaborazione tra istituzioni, è un esempio di come le nostre radici possano continuamente essere raccontate attraverso lo sguardo e il sentire attuale. L’arte contemporanea è il filtro del presente sulla storia. Shawky entra nel novero degli artisti che si avvicinano a Pompei riconoscendo nella città il luogo di mille storie: quelle antiche e magiche, che in essa spesso devono ricercare un’origine; quelle contemporanee all’eruzione, che documentano la fatica del vivere; quelle moderne che si trovano a dover riconoscere nella città antica un imprescindibile punto di riferimento per le aree urbane e le periferie che oggi la circondano. Una molteplicità di storie, che corrisponde ad una molteplicità di punti di vista”. Massimo Osanna: “Il patrimonio culturale che ereditiamo dal passato comporta l’assunzione di precise responsabilità: abbiamo il compito di continuare a tutelarlo e a promuoverlo, ma anche quello di mantenerlo vivo fornendo e supportando interpretazioni che lo rendano sempre più accessibile e più coinvolgente per i pubblici contemporanei. L’archeologia è del resto non solo scavo del passato ma progettazione del e nel nostro presente. La commissione e l’opera filmica dell’artista Wael Shawky hanno interpretato in modo straordinario questa prospettiva molteplice, rivelando come Pompei sia ancora oggi un sito dinamico di studio e ricerca e un grandissimo attore della cultura mondiale, oltre che una città a suo modo ancora vitale e contemporanea, immersa come era — e come è appunto ancora – nei flussi e negli scambi culturali che attraversano tutto il Mediterraneo, e molto oltre“. Andrea Viliani: “La mostra di Wael Shawky rappresenta l’apice della programmazione pluriennale di Pompeii Commitment. Materie archeologiche, il programma dedicato alle arti e culture contemporanee del Parco Archeologico di Pompei concepito e sostenuto con una visione al contempo responsabile e sperimentale da Massimo Osanna e Gabriel Zuchtriegel, a entrambi i quali va non solo il mio ringraziamento, come curatore del programma, ma anche quello delle decine di artiste e artisti che vi stanno partecipando da tutto il mondo, a partire da Wael Shawky. Il quale ha interpretato Pompei come il palinsesto e l’ecosistema in cui si intrecciano fra loro tutte le culture e le nature mediterranee, realtà storica e leggende mitiche, passato, presente e futuro: un simbolo universale di coesistenza e rigenerazione, che diviene esemplare anche per il nostro presente“. |
Image credits: Wael Shawky, I Am Hymns of the New Temples, 2023, video still, Courtesy Ministero della Cultura – Parco Archeologico di Pompei, nel contesto di Pompeii Commitment. Materie archeologiche, © Wael Shawky |