Lunedì 20 febbraio 2017, ore 20,45
Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta
info 0823444051
Arca Azzurra Teatro e Ottavia Piccolo
presentano
Ottavia Piccolo e Silvano Piccardi
in
Enigma
niente significa mai una cosa sola
di Stefano Massini
regia di Silvano Piccardi
La chiave di lettura di Enigma, di Stefano Massini, sta nel sottotitolo: “niente significa mai una cosa sola”. Una certezza il testo ce la fornisce: ci troviamo a Berlino circa vent’anni dopo quel fatidico 9 novembre 1989, in cui il Governo della Repubblica Democratica Tedesca (Germania est), decretò la soppressione del divieto, per i suoi cittadini, di passare liberamente dall’altra parte del “muro” che fino ad allora aveva diviso in due la città, il paese e il mondo intero.
Ed ecco che, caduto il muro, vite, esperienze, certezze, lutti e speranze, si frantumano, si incontrano, si mischiano… È a un segmento di tutto ciò che siamo chiamati ad assistere.
Un’altra certezza, sta nel luogo in cui si svolge l’azione scenica: “un grande spazio unico comprensivo di cucina, letto, divano, tavolo e quant’altro può definire un posto “casa”. E in cui “cumuli di riviste e libri si ammassano un po’ dappertutto nell’incuria generale”.
Qui hanno fine le certezze.
Non perché quanto accade tra i due personaggi (Hilder, il padrone di casa e Ingrid, la donna cui presta soccorso) abbia in sé alcunché di apparentemente bizzarro o funambolico, ma perché ogni elemento reale, ogni dato di conoscenza, che da un quadro a quello successivo si concretizza in scena, si rivela poi “altro” da ciò che pareva essere.
Decifrare di volta in volta il senso della vicenda, sia personale che collettiva, che lega i due personaggi, che svela i loro caratteri e la natura complessa della loro relazione, è il compito a cui l’autore chiama i personaggi stessi ma, attraverso la suspense del gioco teatrale, anche e soprattutto il pubblico.
Purché sia chiaro, che la posta in gioco non è solo la possibilità/capacità di sbrogliare i tanti piccoli enigmi delle due vite che si intrecciano, si scontrano e si confrontano sul palcoscenico, ma quello di penetrare il più grande degli enigmi: quello della Storia stessa.
Note di regia
Ci sono a volte nella Storia (e nella storia del pensiero umano che di essa dovrebbe saper render conto), eventi e svolte che non riescono a trovare una sintesi teorica e scientifica esauriente. Ed è invece l’intuizione artistica che spesso interviene a restituirne il senso, mediante la ricostruzione del tracciato umano delle donne e degli uomini che di quelle vicende sono stati protagonisti.
In “Enigma” di Stefano Massini, a mio avviso accade qualcosa di questo tipo: attraverso l’incontro di due personaggi (un uomo e una donna) e il progressivo disvelarsi dei loro enigmiesistenziali (psicologici, emotivi, operativi), si arriva a comprendere indirettamente che cosa è stato il mondo che si sono lasciati dietro, e che cosa ne è rimasto in loro.
Il teatro, realtà di una finzione dichiarata, è senz’altro uno strumento formidabile per accompagnarci dentro un percorso simile. Rimanendo discretamente al servizio di quanto l’autore, in questo caso, ha saputo svolgere con particolare lucidità e spietatezza.
Per questo la messinscena si attiene a un principio di semplicità ed essenzialità che consenta soprattutto l’emergere delle figure dei personaggi e di quanto rovesciano in palcoscenico del proprio vissuto, con la mente, col cuore, con lo smarrimento che li accompagna.
Diversi, opposti i loro destini, eppure accomunati dalla condivisione di un mondo che, come dice Massini nel prologo, nel dissolvere le vite degli uomini nel “nuovo”, gli lascia sempre addosso “il cadavere di chi erano prima”.
Il loro presente è sospeso dentro uno spazio/tempo che li avvolge come un territorio oscuro e da cui nessuno dei due, in realtà, sembra potersi liberare.
In questa prospettiva, l’allestimento scenico non è descrittivo, ma solo evocativo di un presente terribilmente qualunque e inquietante proprio nel suo essere così poco decisivo. Certamente non risolutivo, né risolto.
Perciò l’elemento che contraddistingue la scena, è quello che la vede collocata dentro un vuoto privo di luce e di riferimenti, punteggiato per lo più dall’ossessione di una pioggia che inesorabilmente viene come a spezzare e a sospendere il confronto/scontro in corso tra i personaggi, attraverso lo sviluppo tortuoso e sempre impensabile della loro [non] occasionale relazione: sono i “segmenti” con cui l’autore ha voluto che si interrompesse il flusso quasi realistico dell’azione.
“Niente significa mai una cosa sola”, e poi, ancora “in ognuno di questi segmenti almeno uno dei due personaggi mentirà sapendo di mentire”: con questi avvertimenti Massini ci invita ad entrare nello studio/casa del sedicente signor Jacob Hilder, e nel rapporto che lo lega indissolubilmente alla signora Ingrid Winz (questo il nome con cui la donna si presenta) che si è trovato costretto ad ospitare…
E in ogni angolo della casa, sospesa in quel vuoto oscuro, l’enigma è il solo fattore unificante: “rompicapi, anagrammi, giochi di parole, numeri, lettere: questa casa ne è piena”. E, in effetti, nella “nostra” casa, in modo discreto, senza sottolineatura alcuna, si scoprono continuamente elementi di un’apparenza sempre sbilanciata verso un altro da sé, in un inevitabile equilibrio precario.
Piccoli tocchi, che accompagnano un crescendo di suspense degno di un thriller psicologico, ma in cui il colpevole sta forse là, in quel buio oltre la scena, in quell’enigma irrisolto che sta “fuori”, in balia del temporale e della pallida luna che alla fine sembra riflettersi sui mobili della stanza.
Silvano Piccardi