di Leone Melillo
L’autonomia regionale, già prevista dalla nostra Costituzione, invita a soffermarsi sulle “materie” e, quindi, sui “diritti civili e sociali”, per definire i Lep (livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi) ed i Lea (livelli essenziali di assistenza).
Già la Regione Campania sembra evidenziarlo chiaramente, attraverso un ricorso che ha dato luogo alla sentenza della Corte costituzionale del 09/05/2022, n. 114. Si afferma infatti il “principio di leale collaborazione nei casi in cui lo Stato preveda un finanziamento, con vincolo di destinazione, incidente su materie di competenza regionale (residuale o concorrente): ipotesi nella quale, ai fini della salvaguardia di tali competenze, la legge statale deve prevedere strumenti di coinvolgimento delle Regioni nella fase di attuazione della normativa, nella forma dell’intesa o del parere, in particolare quanto alla determinazione dei criteri e delle modalità del riparto delle risorse destinate agli enti territoriali”.
Ecco il limite, rappresentato da due “evenienze”: in primo luogo, la possibilità che “vi sia un intreccio (ovvero una interferenza o concorso) di competenze legislative, che non permetta di individuare” un “ambito materiale che possa considerarsi nettamente prevalente sugli altri”; in “secondo luogo”, la possibilità che “la disciplina del finanziamento trovi giustificazione nella cosiddetta attrazione in sussidiarietà della stessa allo Stato”.
L’attenzione si sofferma, quindi, sulle forme di coinvolgimento del sistema delle autonomie territoriali, necessarie in forza del principio di leale collaborazione, di competenza legislativa concorrente.
L’esito è evidente. Esiste – chiarisce questa sentenza della Corte costituzionale – una “competenza esclusiva statale in materia di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.
La sentenza evidenzia anche i casi di “inscindibile sovrapposizione o intreccio di competenze”, che rende “fondata la richiesta di un coinvolgimento regionale tramite l’intesa”.
Sembra opportuno rammentare, infine, quanto afferma la stessa sentenza della Corte costituzionale quanto alla “tutela della salute”. Un tema centrale dell’indirizzo politico tracciato dal Presidente Vincenzo De Luca. “L’incremento delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale – chiarisce la sentenza – , anche quando detto incremento attiene al riparto delle disponibilità finanziarie necessarie ad assicurare livelli essenziali di assistenza”, “non può prescindere dal coinvolgimento delle Regioni, alle quali compete la programmazione e l’organizzazione dei servizi sanitari sul territorio, fino alla concreta erogazione delle prestazioni”, poiché è solo per il tramite della «leale collaborazione orientata al bene comune che il modello pluralistico riconosciuto dalla Costituzione può […] svilupparsi, “in una prospettiva generativa” (sentenza n. 168 del 2021), verso la migliore tutela del diritto alla salute».
Caro Vincenzo De Luca bisogna superare il complesso della questione meridionale, che “per molti è stato un alibi, per altri un limite culturale”: l’autonomia regionale deve essere “concepita in una cornice di responsabilità e non di privilegi”.
Un consiglio su “come comportarci con tutti coloro che pretendono di avere ragione”?
Questo “complesso” rammenta la “sindrome di Calimero”, tra “vittimismo e lamentazione”, inverata dalla “storiella” della “tigre”, condannata dal “leone”, perché ha accolto il confronto sulla possibilità che l’erba sia “blu”.