

“Aperitivo sotto le stelle” è la rassegna estiva dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte aperta al grande pubblico per presentare temi di natura scientifica in un ambiente informale e per stimolare curiosità e comunicazione.

Quale luogo migliore se non l’antica Istituzione della collina di Capodimonte, dove si fondono ricerca scientifica e tecnologica? In questo luogo di condivisione della conoscenza di vari campi di studio di grande interesse, e dove si gode una vista straordinaria sulla città e verso il cielo, sarà possibile sorseggiare un fresco aperitivo sulle terrazze dell’Osservatorio con davanti il panorama della città e del golfo di Napoli.

Concluderanno ogni serata le osservazioni del cielo ai telescopi con gli astronomi dell’Osservatorio e dell’Unione Astrofili Napoletani.

L’Iniziativa è realizzata dall’INAF – Osservatorio Astronomico di Capodimonte in collaborazione con l’Unione Astrofili Napoletani e l’Associazione “Siti Reali”, nell’ambito del circuito Royal District.
l’argomento della prima serata è stato
Fondare città: popoli, luoghi e cielo nella più antica storia della piana campana.
Conversazione scientifica di Carlo Rescigno, professore di archeologia classica presso l’università della Campania Luigi Vanvitelli e di Ilaria Cristofaro, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR.


Tra Capua e Neapolis la pianura campana fu nel corso dei secoli occupata da un sistema di città progressivamente riletto e ridefinito in rapporto alle grandi cesure storiche. Le forme di queste città sono per noi testimonianza muta dei metodi adoperati dagli antichi per orientarsi in un paesaggio integrato di terra e cielo. Mauro Gargano
Interessante nota, dell’argomento presentato, inviata dalla dott.ssa Ilaria Cristofaro per l’incontro del 4 luglio, insieme al prof. Carlo Rescigno.
Nell’incontro è stata approfondita brevemente la forma delle città Campane in relazione con la volta celeste. In che maniera esse sono state progettate, pianificate, disegnate, tracciate, fondate nel territorio e nel paesaggio celeste? Quali regole rituali e prassi urbanistiche erano messe in campo e quali erano i principali fattori che ne determinavano l’orientamento? Infine, in che modo noi oggi riusciamo a discernere un preciso rapporto con il cielo proprio a partire da questi orientamenti? Come premessa generale è importante ricordare come gli antichi abitanti del Mediterraneo fossero dei grandissimi conoscitori della volta celeste ed impiegassero l’osservazione del cielo in moltissime attività della vita quotidiana, come l’agricoltura, la navigazione, la politica.

Emblematico è l’anedotto raccontato da Aristofane nelle Nuvole, in cui, un personaggio, pur di non pagare i debiti che erano dovuti alla fine del mese, quindi con la luna nuova, architetta delle strategie per far sparire la luna dal cielo. Ma perché era così fondamentale il cielo? Sicuramente è necessario considerare che nella continua mutevolezza della natura, come l’ibridarsi continuo di piante e animali, l’imprevedibilità delle stagioni, delle colture e della meteorologia- fatta anche di grandinate e siccità, gelate e cavallette, che potevano mettere a repentaglio il raccolto di un intero anno –
il CIELO, l’unico punto di riferimento, come un meccanismo perfetto, puntuale come un orologio, costante,razionale,ordinato

ricorrente, periodicamente uguale a sé stesso,scandiva con precisone i ritmi della vita agricola, socioeconomica, religiosa degli antichi.Questo presupposto non è solo una visione moderna nei confronti degli antichi, ma sono loro stessi, attraverso le fonti letterarie e i dati archeologici che ce ne danno testimonianza e indicazione. Restando nel campo dell’urbanistica legata ai moti del cielo si riportano tre esempi:
1- Teognide di Megara alla metà del VI sec. a.C. cita alcuni strumenti della pianificazione urbana, il compasso, il regolo e lo gnomone. Lo gnomone era uno strumento essenzialmente astronomico. Infatti, era un palo verticale fissato nel terreno la cui ombra del sole proiettata scandiva con esattezza il tempo diurno e annuale, fungendo da vero e proprio orologio e calendario solare. Ma lo gnomone era anche uno strumento topografico, l’unico conosciuto nell’antichità capace di individuare con esattezza gli assi cardinali. Esso si tramanda nei secoli e si tramuta nella groma, in cui il palo è sostituito dal più preciso filo a piombo. Una delle prime probabili raffigurazioni della groma è datata alla fine del V sec. a.C. nella numismatica della Magna Grecia a Metaponto.

2- Per quanto riguarda le tecniche di pianificazione e la prassi urbanistica, ma anche lo stretto rapporto tra la figura dell’urbanista e quella dell’astronomo, possiamo prendere spunto da un passo della commedia Gli Uccelli di Aristofane, che chiama in ballo proprio un astronomo, l’astronomo Ateniese Metone, per pianificare una città, una città immaginaria, la città degli uccelli. Metone dice che vuole misurare e dividere l’aria, utilizzando la squadra e il compasso per ottenere la quadratura del cerchio, ponendo al centro della città l’agorà e le strade che di diramano in forma rettilinea, esattamente come paralleli sono i raggi emessi da un astro sferico. Da questo passaggio si evince la stretta relazione tra la figura dell’urbanista e quella dell’astronomo. Non è un caso, d’altronde, che l’unica figura storica di urbanista che la Grecia antica ci tramanda è Hippodamo da Mileto, che viene anche chiamato meteorologos, ovvero astronomo cosmologo nella più ampia accezione del termine.
3-Infine la terza citazione sottolinea le pratiche rituali e divinatorie che venivano messe in campo per la fondazione di una città. Siamo più tardi, nel I sec. d.C., e Igino il Gromatico scrisse «posizionata la groma» (ecco qui che ritorna la groma) secondo gli auspici», ovvero avendo chiesto il permesso agli dei di fondare la città, «registrarono il successivo sorgere del sole e in quella direzione fecero partire i limiti/gli assi» La fondazione di una città aveva carattere sacrale, e precise procedure rituali venivano messe in atto, che nel mondo etrusco-italico e poi romano si traducono nella presa degli auspici tramite la lettura divinatoria del volo degli uccelli. La solidità di una città non era solo garantita dai materiali di costruzione ma anche dalla corretta applicazione di norme simboliche e rituali (Eliade).
È sotto tali premesse che abbiamo affrontato il tema delle forme urbane in Campania utilizzando gli strumenti dell’archeologia, della topografia (fotografia aerea e satellitare) e dell’astronomia, più precisamente dell’astronomia dell’orizzonte, ovvero quell’astronomia che tratta degli eventi celesti visibili là dove terra e cielo si toccano, l’orizzonte locale, prolungando gli assi territoriali idealmente verso e oltre l’orizzonte, per toccare la volta celeste in un punto preciso. Considerando un’areale di incertezza di 1°, siamo andando a ritroso nel tempo per individuale quale evento celeste fosse visibile al tempo della fondazione della città in quella specifica porzione di cielo.
Lo studio segue i metodi di una disciplina comunemente chiamata archeoastronomia oppure archeologia del paesaggio celeste come è stata recentemente rinominata dai colleghi anglosassoni. Infatti, se il termine astronomia nella sua accezione moderna implica una precisa modalità di dialogo con il cielo, che prevede una scientificità, oggettività e delle misurazioni quantificabili, abbiamo visto anche dagli esempi precedenti come gli antichi non si rapportassero con il cielo esclusivamente in questo modo, ma all’interno di una sfera semantica molto più ampia, che includeva la vita quotidiana, la religione, il rito, l’escatologia. Il concetto di paesaggio celeste vuole includere anche queste diverse modalità di dialogo con gli astri.
Dopo questa breve premessa sulle basi teoriche, metodologiche e le domande di ricerca, entriamo nel dettaglio del panorama Campano: tra la fine del VII e l’inizio del VI sec. a.C. in Campania notiamo il consolidarsi di un sistema di città regolari, da cui quindi desumiamo che fossero state pianificate, ovvero che avessero un’idea progettuale alle spalle. Sebbene di diversa estensione questi nuclei urbani presentano connotati comuni:
> perimetro urbano definito da una cinta muraria
> modelli a prevalenza con assi centrali e fasce rettangolare (per stringas o per scamna che siano disposte lungo il lato corto o lungo)
> direttrici parallele e ortogonali che ci permettono di estrapolare un unico orientamento.
L’esempio più significativo dei nuovi assetti urbani è costituito da Capua e dai frammentari rinvenimenti di epoca arcaica. Recenti scavi hanno portato alla luce un quartiere abitativo periferico nel settore nordorientale della città, il Siepone. Possiamo leggere un impianto regolare sebbene non precisamente ortogonale, e un sistema di orientamento unitario, indentificato anche in altre aree sacre della città. L’orientamento delle direttrici potrebbe avere un carattere astronomico e corrisponde con il sorgere eliaco delle Pleaidi. Il sorgere eliaco di un astro è il sorgere di quell’ astro poco prima dell’alba, ovvero nelle prime ore del mattino, evento che segna il ritorno di visibilità di un astro dopo un periodo di invisibilità, che nel caso delle Pleaidi è di 40 giorni. Il sorgere eliaco delle Pleaidi è un evento celeste periodico nell’anno solare, ovvero che ritorna nella stessa stagione. Esso marcava la stagione della prima estate (verso maggio) nel momento della prima mietitura primiziale dei cereali, che per una comunità a vocazione agricola e cerealicola come Capua era di fondamentale importanza. Più tardi, in epoca romana, la forma urbana è stata sistematizzata con un orientamento cardinale all’interno del più ampio sistema territoriale della centuriazione, che qui ha la peculiarità di invertire i canonici assi del cardo e decumano, con il primo est-ovest e il secondo nord-sud. Questo stesso sistema di orientamento lo ritroviamo anche in altre città più periferiche, come Surrentum, nelle forme più incerte degli abitati di Stabiae, Abella e Suessula, anch’esse forse legate al sorgere eliaco delle Pleiadi.
Un diverso sistema di orientamento è inserito invece nella forma urbis di Calatia, piccolo centro satellite di Capua nell’attuale comune di Maddaloni, che presenta un orientamento vicino al sorgere del sole all’equinozio. In modo simile questo orientamento lo ritroviamo anche nell’importante ed esteso centro di Nuceria, i cui assi divergono di pochi gradi dal est cardinale e definendo per la città un orientamento astronomico per eccellenza.
L’esempio più eclatante del rapporto tra fondazioni urbane e cielo è rappresentato sicuramente da Pompei. Gli assi principali della città sono orientati verso il sorgere del sole al solstizio estivo. Questo orientamento astronomico è confermato, e confortato, dall’orientamento del tempio più antico della città, il tempio dorico, indicandoci forse come la fondazione rituale della città fosse avvenuto in stretta relazione con il corso del sole nel giorno più lungo dell’anno, il solstizo estivo, e per sempre legato da esso. Lo stesso orientamento è presente anche nell’antica Ercolano.
Passiamo infine al problema urbanistico di Neapolis. Recenti studi hanno dimostrato come la forma e orientamento della città siano il risultato dell’applicazione di un modello geometrico di matrice ionico pitagorica. Eppure, le linee di origine di questo modello geometrico erano molto probabilmente gli assi cardinali, determinati necessariamente, come riferito prima, dall’ombra dello gnomone. Questo fatto, non opportunamente sottolineato nei recenti studi sulla forma urbana di Neapolis, ancora una volta riporta a quanto i moti del cielo erano i principali assi generatori della forma delle città antiche.